lunedì 8 luglio 2013

Marte - anno 2301 AD

Avete presente quel periodo nella vita di una persona nella quale si ha un repentino cambio della personalità? Stranamente coincidono con una serie di avvenimenti nel corpo di ognuno di noi che possono effettivamente renderci confusi su diversi argomenti. Difatti fino all'età di 16 anni circa ero proprio un ragazzino tra i peggiori, ascoltavo death metal, "trollavo" su internet e insultavo chi non la pensava come me, ero una specie di giappominkia, ma al contrario. Scommetto che buona parte della gente passa dal cosidetto periodo minkia ma è anche vero che molti se ne affezionano, io, perfortuna sono riuscito a prevalere a questo stato - che rendeva i miei neuroni comatosi - in fretta e la scintilla di speranza che mi ha permesso di - come direbbe un famoso cantante italiano - uscire dal tunnel, è stato proprio uno di quei fumetti di cui andavo (e vado tutt'ora) matto.

Il manga di cui sto parlando è - come si può dedurre dall'immagine sovrastante, dal logo e dall'url del sito stesso - ARIA di Kozue Amano, autrice di altre opere inedite qui da noi come Roman Club e Crescent Noise e che attualmente sta lavorando ad Amanchu!, serie edita in Italia da GP Publishing. Ma dato che avrò altre occasioni per parlare di questa mangaka direi di passare al succo del discorso, ovvero l'analisi del primo capitolo di questo fumetto splendido e rilassante. Come in ogni fumetto (ma anche libro), sappiamo che le prime pagine racchiudono spesso l'introduzione agli argomenti trattati, ai personaggi e soprattutto la chiave di lettura, ovvero il modello con cui dobbiamo interpretare ciò che avviene nelle vignette che scorrono sotto ai nostri occhi. Inconsciamente tutti riescono a recepire questo strumento e, di conseguenza, scegliere se un prodotto è di proprio interesse o meno; ma ciò che non è chiaro proprio a chiunque è che, grazie ad esso si può capire, almeno in parte, l'autore e il messaggio che vuole trasmettere al lettore.
In ARIA veniamo difatti introdotti sul pianeta "Aqua" tramite le parole di una sorridente giornalista che ci informa che Marte, dopo la terraformazione, si unificò alla Terra per assumere questo nuovo nome dato dalla notevole presenza di questo elemento vitale - ripreso dall'autrice anche in Amanchu! - e più precisamente nella località cardine di tutta la serie: Neo Venezia. In questa città, al contrario della controparte terrestre, la figura del gondoliere è un lavoro concesso solo ed esclusivamente al genere femminile, e queste fate dell'acqua prendono dunque il nome di Undine.
Con il susseguirsi delle vignette veniamo a conoscenza della protagonista e contemporaneamente, quasi fosse una spontanea conseguenza, il primo elemento chiave del fumetto: il sorriso.

Già dal primo capitolo potremmo accorgerci di come la Amano sia particolarmente brava a rappresentare quest'emozione in tutte le sue varianti, riuscendo a caricare ogni tavola di un fascino ed una delicatezza unica, una sorta di "marchio di fabbrica". Sfogliando si entrerà quindi nel vivo dell'episodio, in cui un anziano terrestre in visita turistica, è in cerca della figlia che ha perso di vista. Inizialmente restio ad accettare l'aiuto della giovane guida, viene poi traghettato lungo i canali della città sull'acqua, venendo a conoscenza delle meccaniche più antiquate e "meno pratiche" del luogo; in queste sequenza ci sono diverse battute che anticipano al lettore gran parte della struttura dell'intero manga, se queste verranno trascurate si potrà facilmente scadere nelle tipiche battute: "che noia, in questo fumetto non succede niente" o ancora "questo manga è monotono", che però spesso non vengono affibbiate ad altri fumetti in cui è presente un po' di azione che fa da contorno al nulla, ma stò divagando.

Sta di fatto che in questo capitolo, la protagonista Akari rappresenta il pianeta Aqua e di conseguenza l'autrice stessa, la quale, con finezza ci comunica che quest'opera non è per tutti i gusti. Neo Venezia non è una città pratica, non ti da tutto e subito come sulla Terra, è un posto in cui ci si può perdere e non vanta di una tecnologia avanzatissima (se non per qualche dispositivo indispensabile). Sappiate però che perdendosi ci si può imbattere in paronami meravigliosi e arrangiandosi si può capire e apprezzare il valore di ciò che si costruisce, in questo modo ARIA ci propone di vedere tutte le piccole cose da un'angolazione diversa, una piccola luce che si accende sotto ai nostri occhi e illumina ciò che ci circonda, riscaldandoci quasi come il tiepido fuocherello del caminetto acceso nelle notti invernali.
PS: il death metal non è una cosa brutta.


1 commento:

  1. Non poteva di certo mancare, nel tuo blog XD
    Ne parli sempre con un entusiasmo contagioso. Dovrò decidermi a vederlo/leggerlo, prima o poi

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